Ricerche su Giovanni Baglione
Il saggio prende le mosse dall’individuazione, operata dall’Autore nel 2013, di un nuovo Autoritratto – acquistato nel 2015 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia – che Giovanni Baglione (Roma 1569(?) – 1643) dipinse in gioventù e si sviluppa passando in rassegna gli autoritratti e i ritratti attualmente conosciuti dell’artista, per ampliare quindi il discorso sulla sua intera produzione ritrattistica.
Attraverso tale indagine, è apparso come non mai evidente che l’incontro-scontro con il Caravaggio ebbe a livello stilistico effetti ancor meno rilevanti di quanto – non di rado per inconfessabili ragioni di mercato – si è oggi generalmente disposti ad ammettere. Essi furono invece non solo marginali e transeunti, ma soprattutto svincolati dal percorso personale di Baglione verso una più fedele restituzione del colore naturale: percorso lungo il quale egli si era incamminato già prima del 1600 e che si svolse in realtà su una linea del tutto indipendente dai fondamenti del naturalismo caravaggesco.
A tal fine ne viene ripercorsa la carriera fino al volgere del secolo e in special modo la scarna produzione giovanile da cavalletto pervenutaci, soffermandosi in particolare sull’Apparizione dell’Angelo a san Giuseppe – entrata da pochi anni a far parte del Museo Pushkin di Mosca, e per la quale si ipotizza una destinazione originaria all’altare maggiore della chiesa romana di San Giuseppe a Capo le Case – nonché, varcata ormai la soglia del Seicento, sulle due serie di Muse realizzate per Ferdinando Gonzaga cardinale e poi duca di Mantova, solo una delle quali superstite presso in Museo di Arras in Francia, e quindi sui diversi quadri che Baglione dedicò al tema di San Giovanni Battista, in particolare sulla splendida tela eseguita nel 1610 per il cardinale Alessandro Montalto e che fino allo scorso gennaio è appartenuta al celebre mercante Otto Naumann di New York.
Infine, la prassi perseguita dal Baglione pittore viene posta a confronto con il pensiero del Baglione scrittore, quale si è tentato di definirlo attraverso una sistematica analisi lessicale delle ricorrenze del termine “naturale” nelle Vite del 1642.
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