Ricordando Ermanno Olmi

Regista, produttore cinematografico e direttore della fotografia, si è spento il 7 maggio 2018 all'età di 87 anni. Era accademico ad honorem nella sezione “pittori e cineasti”

La vita è un’opportunità da privilegiati. La vita è essere chiamati ad aprire gli occhi su questa stupefacente realtà che è la creazione”. La vita di Ermanno Olmi è stata un privilegio per tutti noi. La sua scrittura, le sue sceneggiature, la sua capacità narrativa e visionaria, dalla metà degli anni Cinquanta, ha dato la forma a decine e decine di pellicole che di diritto fanno parte della storia della cinematografia italiana. La vita con Ermanno Olmi, è bene ricordare, non è stata sempre generosa, forse per questa ragione la sua attitudine a raccontare la cultura operaia, le storie degli ultimi, ha una valenza ancora più pregnante. Di origini modeste, figlio di un ferroviere e di un’operaia, il regista è nato nel 1931 a Bergamo, nel quartiere di Malpensata. Da giovane sceglie di non completare gli studi liceali e si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell’Accademia di Arte Drammatica. Per potersi mantenere, in parallelo, lavora come fattorino alla Edisonovolta, che lo incarica inoltre di curare l’attività ricreative per i dipendenti, soprattutto quelle a carattere cinematografico, nonché di documentare le produzioni industriali. Occasione che lo porta per la prima volta dietro la macchina da presa. Ne vengono fuori una quarantina di documentari, tra i quali La diga sul ghiacciaio, Tre fili fino a Milano (1958) e Un metro è lungo cinque. Ma il primo vero debutto sul grande schermo si registra nel 1959 con il lungometraggio Il tempo si è fermato. Due anni dopo produce Il Posto, che vince il premio della critica alla Mostra del cinema di Venezia del 1961. I fidanzati (1963) conferma ancor auna volta la sua attenzione per la semplicità del quotidiano e il mondo operaio. Nel 1965 gira E venne un uomo, pellicola biografica su papa Giovanni XXIII. Il primo grande successo, però, arriva solo nel 1978 con L’albero degli zoccoli, che si aggiudica la Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio César per il miglior film straniero. Olmi continua a rivolgere lo sguardo a chi non ha voce ma qui, invece del popolo delle fabbriche, presta la sua sensibilità alla realtà contadina, facendo leva sulla memoria del suo ambiente di provenienza. Nel 1982 a Bassano del Grappa fonda la scuola di cinema Ipotesi Cinema. Sempre nel 1982 dirige Camminacammina, allegoria sulla favola dei Re Magi.

Una lunga e grave malattia lo tiene lontano dal lavoro sino al 1987, quando esce Lunga vita alla signora!, premiato al Festival di Venezia con il Leone d'Argento. L'anno seguente si aggiudica il Leone d'Oro grazie a La leggenda del santo bevitore, basata sull'omonimo racconto scritto da Joseph Roth. Il film vince quattro David di Donatello. Il 1993 è l’anno de Il segreto del bosco vecchio, dall'omonimo romanzo di Dino Buzzati. Nel 1994 dirige un episodio del vasto progetto Le storie della Bibbia, a cui partecipa anche la Rai, Genesi: La creazione e il diluvio. Nel 2001 dirige Il mestiere delle armi, acclamato a livello internazionale. Il film si aggiudica 9 David di Donatello. Nel 2007 esce Centochiodi, che Olmi annuncia come il suo ultimo film di finzione, avendo deciso di tornare a dirigere solo documentari. Nel 2008, alle numerose onorificenze ricevute, si aggiunge il Leone d'oro alla carriera alla Mostra del cinema di Venezia. Nel 2013 l'Università di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Umane e Pedagogiche per "la sua azione di valorizzazione delle radici culturali, della memoria, delle tradizioni, della grande storia e dell'esperienza quotidiana e delle piccole cose."

La vita fisica di Ermanno Olmi si è conclusa oggi, 7 maggio 2018, la sua vita spesa dietro la macchina da presa resta e resterà per sempre viva. Egli ha sempre augurato al cinema di essere artefice del proprio tempo, soprattutto di avere “degli artefici reali, che non usino il cinema per imbrogliarci, per orientarci secondo scelte che non ci rendono liberi, e quindi auspico un cinema che sia amico degli spettatori. Amico. A-mi-co”.